Il mio intervento al seminario dell’intergruppo europeo sull’economia sociale:
“Prima di tutto desidero ringraziare Patrizia Toia e l’intergruppo europeo sull’economia sociale per aver voluto organizzare tempestivamente questo webinar che costituisce un’importante occasione di confronto per preparare l’Action Plan europeo per l’economia sociale annunciato dal nostro Commissario Nicholas Shmit .
In questi mesi di drammatica emergenza il terzo settore e il mondo dell’economia sociale hanno dato un importante contributo per la gestione dell’emergenza sanitaria, sociale ed economica.
In Italia il Terzo settore rappresenta una fetta rilevante della ricchezza del Paese, il 4,3% del Pil.
Gli enti non profit attivi in Italia sono 350.492 e impiegano 844.775 dipendenti. Coinvolgono nelle proprie attività 5.528.760 volontari dando un contributo fondamentale per il benessere e la coesione sociale del nostro Paese, per la crescita armoniosa e l’educazione di bambini e ragazzi, per il contrasto delle disuguaglianze e della povertà, per la piena inclusione delle persone con disabilità, per la tutela dell’ambiente e la promozione sportiva, per l’invecchiamento attivo e il sostegno della terza età e dei grandi anziani – tema questo reso di drammatica attualità nella pandemia, con un altissimo prezzo di vite umane, che deve spingerci a rivedere le politiche dedicate a questa fascia di età.
Come evidenzia l’Istat, il settore non profit continua a espandersi con tassi di crescita medi annui superiori a quelli che si rilevano per le imprese orientate al mercato, in termini sia di numero di associazioni e imprese sociali, sia di numero di dipendenti.
Nella scorsa legislatura il Governo Italiano ha promosso La riforma del Terzo settore che ha introdotto, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, la categoria normativa di «ente del Terzo settore» (ETS) quale ente privato che, senza scopo di lucro, persegue finalità civiche, solidaristiche, di utilità sociale e di interesse generale – in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.
Il legislatore ha creato, pertanto, una «categoria normativa» – gli enti del Terzo settore – per i quali ha dettato una disciplina promozionale e configurato, per altro verso, una serie di obblighi ed oneri realizzando il dettato Costituzionale che intende valorizzare le formazioni sociali (art. 2 Cost.) come espressione della libertà di associazione dei cittadini (art. 18 Cost.), o della libertà di impresa (art. 41 Cost., tenendo presente anche il riconoscimento della cooperazione ai sensi dell’art. 45 Cost.), che presentano alcune caratteristiche costituzionalmente rilevanti. Come il perseguimento, in via esclusiva, di finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale e la rinuncia al perseguimento di una finalità lucrativa.Lo Stato dunque si propone di valorizzare il principio di sussidiarietà orizzontale per «favorire» gli ETS, espressione qualificata dall’iniziativa autonoma dei cittadini associati, mediante la predisposizione di una serie di misure adeguate non solo a “sostegno” delle attività (ad es., in campo fiscale), ma anche ad “integrazione” delle stesse con quelle della P.A.
Durante la pandemia e nella fase del lockdown il Terzo Settore ha svolto un ruolo determinante per la “tenuta sociale” del nostro Paese. Per questo il Governo da subito ha messo in campo attraverso il decreto Cura Italia e il recente Decreto Rilancio Italia una serie di interventi mirati a sostenerne le attività. Lo dico subito. In questa fase di crisi sanitaria, che oggi stiamo felicemente superando, e di crisi economica e sociale che senza l’intervento tempestivo dell’Europa invece sarà davvero complicata e rischia di infiammare l’autunno e il 2021, nulla è mai abbastanza.
Siamo partiti dalla consapevolezza che l’ emergenza epidemiologica ha trovato una risposta impressionante per lo sforzo profuso dalle tantissime organizzazioni del Terzo settore e il loro esercito di volontari, principalmente impegnati nel settore socio-sanitario e nella protezione civile. Ma il ruolo delle organizzazioni del terzo settore è altrettanto importante nella fase post-emergenziale: rappresentano infatti un enorme patrimonio di persone, impegno civico, senso di responsabilità, pronti a collaborare con le istituzioni pubbiche, a partire dal livello locale, nell’impegnativa fase di ricostruzione che attende il Paese. Muovendo da tale consapevolezza, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha voluto fortemente che i provvedimenti dessero uno spazio rilevante al Terzo settore, per il quale è stato previsto un sostegno simile a quello previsto per le imprese.
Con il decreto “Cura Italia” sono state date le prime risposte, con l’estensione dell’accesso agli ammortizzatori anche per gli ETS, la sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria.
Con riguardo al D.L. Rilancio, accanto alla previsione generale del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, che riguarda anche i lavoratori del Terzo settore (e abbiamo urgente bisogno delle risorse del programma Sure per poter assicurare dalla disoccupazione, ma soprattutto per investire sul reskilling delle persone e la loro ricollocazione qualora perdano il lavoro per tutto il 2021), abbiamo previsto diverse misure accomunate dall’estensione agli enti non commerciali, compresi gli ETS e gli enti religiosi civilmente riconosciuti che non operano in regime d’impresa, di disposizioni originariamente previste per le imprese.
Quindi riconoscimento del credito d’imposta:
– per l’adeguamento degli ambienti di lavoro;
– per la sanificazione degli ambienti di lavoro;
– per i canoni di locazione degli uffici.
Inoltre agli ETS è riconosciuta la possibilità di accedere ai contributi per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale.
Altrettanto importante è l’intervento diretto a sostenere le attività di interesse generale degli ETS, volte a fronteggiare le emergenze sociali ed assistenziali derivate dall’emergenza: a tal fine la dotazione del fondo istituito con il codice del Terzo settore è stata incrementata di 100 milioni euro per l’anno 2020. A queste risorse vanno aggiunti 120 milioni di euro che l’Agenzia per la coesione territoriale mette a disposizione per gli ETS che operano nel Mezzogiorno. E questi sono finanziamenti a fondo perduto.
Sempre nel DL Rilancio c’è l’anticipazione del 5×1000 del 2019, misura che permetterà una significativa iniezione di liquidità, con un dimezzamento dei tempi di trasferimento delle risorse finanziarie.
L’erogazione dei servizi sociali, socio sanitari, educativi e scolastici, frequentemente esternalizzati ad enti del Terzo settore , è stata fortemente compromessa dall’emergenza epidemiologica.
In questa prospettiva, è stata prevista la possibilità per la PA di rimodulare, mediante co-progettazione con gli enti gestori, i servizi esternalizzati, che sono temporaneamente sospesi e/o che non possono essere svolti sulla base delle previsioni contrattuali originarie, a causa dell’emergenza sanitaria COVID-19 e del necessario distanziamento sociale. Parimenti è stata prevista la possibilità per le PA, che abbiano proceduto con la rimodulazione dei servizi, di riconoscere all’ente gestore l’originario importo previsto a titolo di corrispettivo, imputandolo in tre sotto-voci, una relativa al servizio (rimodulato) erogato, l’altro a fronte del mantenimento operativa della struttura nella quale svolgere nuovamente l’attività “standard” con la cessazione della situazione di emergenza; l’ultima voce a copertura delle spese residue incomprimibili.
IL DL Rilancio costituisce un segno tangibile dell’attenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al tema del terzo settore: esso è il risultato di un metodo di lavoro basato sulla collaborazione istituzionale tra i diversi livelli di governo e sul dialogo sociale con le rappresentanze del Terzo settore, che anche in questa fase di crisi non è mai venuto meno, a tutto vantaggio della maggior efficacia e qualità delle misure adottate.
Infine abbiamo assicurato l’accesso agli strumenti di garanzia del credito previsti dal decreto liquidità a favore delle imprese.
L’Europa deve essere uno spazio inclusivo, aperto, equo, in cui donne e uomini possano essere sostenuti nella realizzazione delle proprie potenzialità. Riteniamo essenziale quanto declinato nel Pilastro Sociale Europeo: la lotta alle diseguaglianze in tutti gli ambiti dentro e fuori i perimetri nazionali e continentali, il rispetto e la promozione dei diritti umani, lo sviluppo sostenibile e il sostegno e la promozione degli spazi di partecipazione della società civile. Vogliamo rilanciare un nuovo modello europeo che abbia al centro l’Agenda 2030 con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) e gli accordi di Parigi sulla lotta al cambiamento climatico.
La pandemia sta dando una spinta al cambiamento radicale dell’Europa, per superare le politiche centrate sul dogma dell’austerità fiscale per dare spazio a programmi di rilancio dell’economia centrati su priorità sociali. Combattere la povertà e le diseguaglianze, garantire le pari opportunità di occupazione a tutti i cittadini e le cittadine europee assicurando la effettiva applicazione delle clausole sociali del Trattato di Lisbona nella attuazione della strategia Europa 2030, prevedendo una forte caratterizzazione sociale nel Semestre Europeo.
Occorre un pieno riconoscimento del terzo settore a livello europeo. Nella consapevolezza che il welfare è motore di sviluppo, dunque serve una normativa che come in Italia riconosca il principio di sussidiarietà, nella consapevolezza che il welfare è motore di sviluppo.
Servono incentivi fiscali e una finalizzazione specifica alle imprese sociali dei Fondi Struttuali della nuova programmazione UE e del piano Invest Eu.
Siamo nella fase più complessa della storia contemporanea, per questo il momento di costruire un’Europea sociale e solidale, facendo crescere una vera cittadinanza Europea è adesso. Facciamolo assieme.